Pretty Psycho Things

Sociology

Moda senza genere: e se un giorno indossassimo tutti gli stessi vestiti?

Potrebbe sembrare un’utopia, ma moda maschile e femminile potrebbero un giorno diventare una cosa sola. O no? La storia, la sociologia e i trends odierni potrebbero darci una risposta.

Per rispondere a questa domanda, è doveroso prima porsene un’altra: cosa distingue l’abbigliamento femminile da quello maschile?

Per secoli, l’abbigliamento si è adattato ai ruoli sociali, più che al genere: ciò spiegherebbe la classica associazione uomini = pantaloni e donne = gonne. Eppure, la moda genderless sembra prendere sempre più piede, promossa da stilisti, attivisti e multinazionali. A cosa è dovuta questa lenta, ma evidente transizione? Per spiegare questo fenomeno, è necessario prima fare un passo indietro, o meglio, un tuffo nel passato.

Cosa dice la storia

Già nell’antica Grecia, le tuniche indossate da uomini e donne si distinguevano per la loro lunghezza. Altro differenziante era il tessuto: il velluto era destinato prevalentemente alle classi agiate, mentre ai meno fortunati spettava lana e lino. È proprio dalla evoluzione della tunica che iniziò ad accentuarsi la differenza tra abbigliamento maschile e femminile: mentre quella destinata agli uomini assumeva per lo più caratteristiche simili a quelle di una camicia, finendo quasi a ‘’rimpicciolirsi’’, quella da donna rimaneva lunga, dettando fin dove dovevano arrivare gonne ed abiti.

Con l’introduzione dei pantaloni, già nel Medioevo e nel Rinascimento, l’abbigliamento maschile era già completamente diverso da quello femminile.

Tuttavia, in epoca vittoriana la moda d’élite contribuì ad uniformare nuovamente lo stile di uomini e donne, i quali si ritrovarono a condividere l’utilizzo di parrucche, cipria e tacchi alti. Durante quest’epoca, le convenzioni sociali erano così rigide che persino le scarpe avevano un significato sociale. Ad esempio, le donne di classe alta indossavano scarpe con tacco alto e strette, mentre le donne di classi inferiori preferivano scarpe più comode e pratiche.

Tuttavia, c’era un’anomalia intrigante: le ballerine, calzature considerate poco femminili per le donne di classe alta. Un famoso aneddoto racconta di Lady Charlotte, una nobildonna che, stufa di soffocare nei suoi tacchi alti, decise di sfidare le convenzioni e indossare le ballerine in pubblico. Questo piccolo atto di ribellione fece scalpore nella società dell’epoca, ma gradualmente contribuì a rendere accettabile per le donne di classe alta indossare calzature più comode e pratiche. 

Col passare del tempo e l’inizio della Rivoluzione Industriale, il guardaroba maschile iniziò a perdere i suoi colori vivaci ed i tessuti sontuosi, sostituiti da abiti a tre pezzi perlopiù prodotti in serie. La silhouette della donna, invece, era compressa da scomodi corsetti. Mentre l’abbigliamento maschile si adattava gradualmente ad una vita attiva fuori casa e all’egemonia all’interno della società, quello femminile puntava a formare girovita sempre più stretti. La situazione rimase invariata per un po’, ma vale la pena citare una delle personalità che ha contribuito attivamente al cambiamento: Amelia Bloomer. Editrice e femminista statunitense, nell’Ottocento introdusse i famosi ‘’bloomer’’, calzoncini da donna da indossare sotto lunghe tuniche: era solo una questione di tempo prima che le donne iniziassero a indossare i pantaloni.

Moda unisex: un trend destinato a durare?

Durante gli anni ’20 del Novecento, stilisti come Coco Chanel contribuirono ad introdurre la moda unisex nell’abbigliamento. Un aneddoto divertente riguarda il modo in cui Chanel stessa abbracciò l’abbigliamento maschile come ispirazione per le sue creazioni femminili. Si racconta che una volta, mentre era a cavallo, Chanel si innervosì per il fatto che i suoi abiti da equitazione erano poco pratici e poco eleganti. Decise quindi di indossare i pantaloni da uomo, abbinandoli a una camicia bianca e una giacca comoda ma chic. Questo look audace catturò l’attenzione di molti, dimostrando che l’abbigliamento maschile poteva essere non solo funzionale, ma anche elegante e adatto alle donne.

Negli anni ’60, il movimento hippie contribuì a rafforzare la moda unisex: i pantaloni a vita bassa, le tuniche, i vivaci colori e i capelli lunghi non avevano infatti un genere particolare. Negli anni ’80 l’attenzione si rivolse ai b-boy e alle b-girl. Nello stesso periodo in cui nacque l’hip hop, uomini e donne potevano uscire indossando la stessa tuta da ginnastica. In entrambi i casi, uomini e donne erano accomunati da un fenomeno culturale emergente il quale prevaleva sulle differenze di genere.

sociologia, psicologia della moda, storia, genderless
By jools_sh via Pixabay

Negli anni ’90, l’industria della moda ha visto emergere una nuova tendenza che ha sfidato ulteriormente i confini di genere: l’androgino. Un episodio iconico di questa epoca è legato al famoso cantante britannico David Bowie che, durante un concerto a Londra nel 1996, si presentò sul palco indossando giacca e pantaloni larghi abbinati ad una camicia con volant e trucco leggero. Questo look, che combinava elementi tradizionalmente maschili e femminili in un modo non convenzionale, ha ispirato una generazione di persone a esplorare e abbracciare la loro identità di genere in modo libero e creativo.

‘’Azzurro per i maschi e rosa per le femmine’’

La differenza tra uomo e donna non è stata unicamente rafforzata dall’abbigliamento: è infatti risaputa l’associazione dell’azzurro come colore maschile e del rosa come colore femminile. Ma da dove nasce questo stereotipo? Potrà sembrarvi strano, ma non è sempre stato così: nel Novecento, infatti, l’azzurro era per le bambine in quanto colore associato alla tranquillità e alla calma; il rosa, invece, derivava dal rosso, considerato il colore guerresco per eccellenza, e quindi veniva associato al genere maschile. Dal Dopoguerra, aziende di vestiti e giocattoli hanno capovolto la situazione: si dice infatti che sia tutta colpa di Barbie se il rosa è diventato un colore da donne.

sociologia, psicologia della moda, storia, genderless
By Sobima, via Pixabay

Con la moda genderless che continua a guadagnare terreno nell’attuale panorama fashion, è affascinante esplorare come le sfide e le innovazioni del passato abbiano plasmato il modo in cui oggi vediamo e indossiamo l’abbigliamento.

Ma cosa ci prospetta il futuro?

Se siete curiosi di saperne di più, vi aspetto il mese prossimo con un articolo dedicato al genderless nella moda contemporanea!

Seguiteci sul nostro profilo social

Articoli correlati
BlogEditoriali

Evoluzione stilistica. Da fuori a dentro

Teenbuilding

Il giardino dei sé

Histories

Gianni Versace e la Sua Odissea Creativa

Histories

Yves Saint Laurent: i Pantaloni della Libertà

    Iscriviti alla newsletter!
    Non ti preoccupare, neanche a noi piace lo spam!

    Lascia un commento

    Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *