La mia vita lavorativa nella moda è cominciata all’età di 23 anni. Come prima esperienza? Uno stage sottopagato, ovviamente!
Dove tutto è cominciato
Tra il 2011 e il 2012 ho seguito il master “Management del Made in Italy. Consumi e comunicazione della moda, del design e del lusso”, presso l’università IULM di Milano. Dopo una laurea triennale in lingue e relazioni internazionali avevo deciso di cambiare rotta, virare verso qualcosa che mi appartenesse di più, che mi mettesse sul giusto cammino per quella carriera nella moda che avevo sempre sognato ma mi mancavano i mezzi per arrivarci e mi sono detta che quel master mi avrebbe aiutata.
Il corso in se non sviluppava contenuti particolari o approfonditi. Probabilmente, se tornassi indietro penso farei scelte differenti; ma nel complesso è stata un’esperienza interessante ed è servita allo scopo di mettermi sulla retta via. Almeno, quella giusta per me, che mi ha permesso di raggiungere quel mio orizzonte, con i miei tempi, con i miei mezzi. Praticamente, in sintonia con chi ero, e ora sono, io.
Tornando a noi, grazie al portale dell’università e l’aiuto dei professori, non senza grandi fatiche, ho trovato uno stage di 6 mesi, poi diventati 8, in un piccolo showroom di bijoux, gioielli semi preziosi, placcati oro. Si trattava di un brand quasi a conduzione familiare, con un piccolo team composto solo da quattro persone e un’atmosfera piacevole. Eravamo proprio come i gioielli che vendevamo: bijoux, per il momento semi preziosæ, d’oro in superficie e con la potenzialità di sviluppare un meraviglioso nucleo di diamanti.
Il lavoro era tanto, la remunerazione praticamente nulla, ma era la mia prima esperienza; la prova numero uno.
Praticamente, la piattaforma di lancio della mia carriera.
La vita in showroom…e fuori
È stato grazie a questa esperienza che ho imparato il concetto di wholesale e B2B, ho cominciato ad allenarmi nell’entrare in rapporto con i fornitori e con i clienti, a partecipare a diverse fiere come venditrice e poi come buyer di materiali, ad organizzare vendite private.
Per tantæ queste attività possono sembrare cosa da poco, normale routine quotidiana. Per me non era così.
A me piace star sola, osservare le cose dall’esterno, rifletterci su, elaborarle, decidere se e come farle mie. Il tempo che trascorro con me stessa ha un grande valore; spesso lo sospendo a malincuore.
Avete presente quelle persone che sono genuinamente felici di passeggiare lungo una riva, lontane da tutto e tuttæ, in ascolto solo della musica del mare e del vento? Ecco, io sono una di loro.
Per cui questa prima esperienza in showroom è stata per me una palestra in cui allenarmi a stare in quel palcoscenico perenne che sembra essere il fashion system.
Ho imparato ad andare in scena anche quando non ne avevo tanta voglia; ma ho anche appreso che non è vero che per lavorare nella moda bisogna sempre indossare una maschera di estroversione sociale. Non è vero che per far parte dello sbrilluccicoso mondo della moda bisogna essere sempre prontæ a sfoggiare sorrisi plastici a favor di camera e di clienti. Il settore moda offre nicchie per chiunque; anche per chi, come me, ama il silenzio della propria riservatezza.
Nel corso di questo primo stage soprattutto ho imparato anche molto bene la noiosa parte del lavoro che comprende l’archiviazione, l’admin, excel… tutti gli elementi base, fondamentali e tedianti un po’ ovunque.
Da un lato lavorare in uno showroom non richiede particolari esperienze o conoscenze di base; dall’altro però richiede subito la volontà di mettersi in gioco, essere dinamicæ, multi-tasking e imparare in fretta.
…e poi Tom Ford
La mia prima tappa nel fashion system, formato stage, oltre ad aver aggiunto qualche linea sul mio curriculum vitae, mi ha fatto conoscere persone del settore.
E, come spesso accade nella vita, i contatti e le conoscenze sono ciò che portano più lontano.
È a questo punto che è arrivata Alessandra, una signora elegante e di classe, che nella sua carriera aveva partecipato come venditrice a molte campagne vendita, per diversi brand. “Campagna vendita” era un termine a me allora sconosciuto. Chi poteva immaginare che la mia vita negli anni successivi avrebbe girato intorno a questo!
Verso la fine dello stage, sapendo che a quel punto ero alla ricerca di un vero lavoro, Alessandra mi parlò di una sua amica che lavorava da Tom Ford e che stava cercando una vestiarista per la campagna vendita successiva, che sarebbe cominciata di lì a qualche settimana.
Mi diede il suo indirizzo email ed io le inviai il mio curriculum, menzionando ovviamente da dove avessi avuto il contatto. Venni contattata per un colloquio e nel giro di qualche giorno mi confermò il lavoro.
Per una campagna vendite di tre settimane, niente di più.
Ma quando si parla di brand come Tom Ford accetti e ti baci le mani, senza storie! Giusto?
Tenere presente l’obiettivo
A volte mi guardo indietro, ripenso all’incertezza di quei momenti, alla frustrazione delle condizioni lavorative iniziali, ai mille dubbi, a tutti quei “starò facendo bene”?
All’orizzonte c’era sempre lei: la certezza di voler costruire la mia identità lavorativa nella moda. E qualsiasi passaggio che mi permettesse di guardarla sempre più da vicino era “fare bene”. Uno stage sottopagato presso un brand sconosciuto, sconvolgere la comfort zone, buttarsi di pancia nelle situazioni, fare del carpe diem una filosofia di vita: le mie chiavi per aprire le porte della Moda con la M maiuscola.
Poi sono arrivati i triangoli, le rifiniture in macramé, i kaftani in seta, Harrods, La Rinascente, New York, Londra, Parigi…e il surf al tramonto.
Ve lo racconto nelle prossime pagine.
Se avete qualche curiosità su questo universo paralllelo e poco conosciuto della Moda, quale è il settore degli show room, scrivetemi nella sezione commenti👇🏼
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