2015. Gucci (gruppo Kering) nomina il suo nuovo direttore creativo: Alessandro Michele.
Alessandro si presenta da subito differente rispetto ai suoi predecessori.
La SUA moda veicola un messaggio, che diffonde con forza e costanza: le sue creazioni sono un inno alla libertà ed alla riconquista dei propri diritti.
Alessandro Michele ha una filosofia, una sua visione e ha deciso di comunicarla attraverso la forma d’arte a lui più congeniale: la MODA.
In passerella, nei negozi, quello che ci fa vedere non sono solo una borsa, una gonna, una giacca, elementi fisici senza un’anima. Bensì manufatti iconici che veicolano la filosofia dietro la moda, il VALORE REALE che la moda dovrebbe trasmettere.
Milano, Gennaio 2015. Michele fa il suo debutto in occasione della Men Fashion Week.
È già chiaro che nel suo lavoro c’è qualcosa di diverso, rivoluzionario.
Riceve attenzione ed apertura, come ci si aspetta da una città unica e sovversiva come Milano.
Alessandro ha infatti intrapreso una lotta contro le ineguaglianze, la negazione dell’individualità, le prevaricazioni, l’appiattimento delle personalità.
Utilizzando la storia, l’arte classica, l’antichità, ossia la cultura da cui è nata la nostra civiltà, egli decide di esaltare NUOVAMENTE l’importanza della INDIVIDUALITÀ.
Con la sfilata della collezione Gucci Cruise 2020 i vestiti diventano le parole delle sue frasi; e le sue frasi raccontano della libertà del passato, in contrasto con le prigioni del presente.
Gli allestimenti di questa sfilata sottolineano l’evidente contrasto tra un passato pensante e questo nostro presente alienante.
A proposito di questo show, Michele Ciavarella nel suo articolo per il Corriere della Sera scrive:
”La sfilata nelle sale dei Musei Capitolini è una sequenza loquace di denunce composta da abiti che definiscono il momento e l’opportunità […]. Del resto, siamo negli anni degli attacchi alla libera determinazione delle donne, dell’omofobia giustificata dal potere, della colpevolizzazione della cultura, di massimalismi e di integralismi religiosi, di suprematismi razziali. Anni bui, neri: al Museo MAXXI un manifesto di Antonio Gramsci dice:
«Il vecchio mondo sta morendo. Quello nuovo tarda a comparire. E in questo chiaroscuro nascono i mostri».
La scritta sarebbe stata bene anche sulla schiena di una giacca maschile di questa Gucci Cruise 2020 […]”.
Alessandro Michele ha presentato una moda pensata, che mette in luce l’importanza del pensiero critico.
Esattamente quel pensiero critico che solo la cultura, lo studio, la curiosità possono generare; lo stesso cui negli ultimi tempi stiamo rinunciando a favore di coloro che spingono affinché venga accettato un solo tipo di pensiero, abolendo le coscienze, le differenze, le unicità, la libertà individuale, in ragione di una omologazione che appiattisce la maggioranza e fa emergere i pochi che, in nome della fama, rispettano il diktat dell’uniformazione.
“L’abito non è un oggetto inerte ma si connette con il corpo che copre” afferma Michele, che nei suoi fashion show ripercorre il processo di annientamento delle individualità a partire dalle libertà concesse nel passato fino alla cecità della società attuale, in cui le persone, ipoteticamente “libere”, non sono diventate che numeri, e i numeri sono esseri umani che danno fastidio, che blocchiamo e cancelliamo con un click.
Alessandro torna a far parlare di sé durante la MFW Women’s con la collezione S/S 2020.
La passerella è sostituita da un tapis roulant, su cui sfilano le prime 60 uscite dello show costituite da look bianchi in cotone, maniche lunghe, cinture contenitive: sono camicie di forza, divise da ospedale psichiatrico.
Anche questa volta Alessandro si esprime attraverso gli abiti. E parla chiaro.
Utilizza le camicie di forza come simbolo dell’omologazione, dell’annientamento della individualità nella società moderna, l’equivalente visivo dell’uniformità in cui la società vuole ingabbiarci.
Le camicie di forza rappresentano come attraverso la moda il potere viene esercitato sulle nostre vite per eliminare l’auto espressione; potere che ci impone nuove norme sociali, che ci classifica e che plasma la nostra identità.
Non manca chi travisa il messaggio, nonostante la sua chiarezza.
La modella Ayesha Ton Jones mostra i palmi delle mani su cui ha scritto
“MENTAL HEALTH IS NOT FASHION” – “LA SALUTE MENTALE NON È MODA”, come critica all’iniziativa dello stilista.
La modella, che afferma di aver vissuto la malattia mentale, trova di cattivo gusto da parte di una casa di moda come Gucci usare tale immagine come concetto superficiale per un momento fashion.
Spiega la sua protesta riflettendo sul fatto che molte persone oggi siano ancora stigmatizzate sul luogo di lavoro e nella vita quotidiana a causa dei loro disagi mentali, come in molti non considerino i problemi mentali come malattie, in quanto non visibili.
Secondo Ayesha mostrare queste malattie come oggetti di scena per vendere i vestiti è volgare, offensivo e banale nei confronti di tutte quelle persone nel mondo che soffrono di questi problemi.
Questi primi 60 look, però, sono solo abiti di scena, non in vendita, sapientemente usate come elemento di comunicazione, fatti sfilare al fine di raccontare qualcosa, il pensiero di Alessandro.
Michele con essi crea infatti un parallelismo tra il passato, in cui qualsiasi comportamento che differisse da ciò che la società considerava “normale” veniva bandito e chi ne era portatore veniva rinchiuso in manicomi, lontano dalle altre persone perché ritenuto pericoloso, e il presente, in cui, allo stesso modo, social, influencer e moda hanno in qualche modo imposto il loro volere, il loro punto di vista. Chi si allontana dai codici imposti non viene “seguito”, viene giudicato strano; per cui invogliano sempre più a seguire la massa, ad appiattirsi, a negare la propria unicità e individualità a favore di una generale omologazione.
I 60 look non sono che il simbolo dell’uniforme imposta dalla nuova società e da chi la controlla.
Ed ha espresso questo concetto attraverso la sua moda.
GENIALE!
La protesta avanzata dalla modella risulta pretestuosa e ancor più discriminatoria. Auto censurarsi, negare la libertà espressiva a favore di un discutibile politically correct, evitare di parlare di un problema solo per non correre il rischio di offendere la sensibilità di pochi (che evidentemente non leggono bene tra le righe) sarebbe una doppia sconfitta.
Da un parte si rinuncerebbe a comunicare qualcosa che è attuale, una denuncia pubblica che tutti percepiscono ma di cui nessuno osa parlare, dall’altra si continuerebbe a nascondere Persone, realtà che esistono ma che non si parla e su cui invece si dovrebbe essere molto più informati.
La moda comunica, vive di contaminazioni, di fonti, di riferimenti culturali, e rinunciare a questo potere sarebbe una rinuncia e un rimarcare l’ignoranza comune.
L’antidoto a tutto ciò sono gli 89 look che sfilano successivamente.
Sono alcune delle possibilità di ribellione a nostra disposizione, nonché le promesse di bellezza di Gucci.
Ogni possibilità è un inno all’accettazione di qualsiasi individualità.
Alessandro Michele presenta la moda come un mezzo attraverso cui le persone possono navigare nel mare magnum delle possibilità, presentare il proprio concetto di bellezza, ribadire la propria diversità e celebrare il proprio IO nell’espressione e nell’identità.
Milano, Gennaio 2020. Men Fashion Week. Il messaggio di Michele torna forte e chiaro.
La sfilata Gucci A/W 2020 uomo è caratterizzata da colori pastello, fantasie naif, tagli bon ton, i modelli sono scolaretti che sfoggiano look con elementi caratteristici della moda bimbo come i calzettoni bianchi, camicie scozzesi e scarpe a occhio di bue.
Tutto per ricordare all’uomo il potere della tenerezza, della genuinità.
Le parole di Alessandro sono state
“se sei un bambino, puoi permetterti di sognare, di vestirti liberamente”.
Quello di Gucci 2020 è un uomo che ritrova la libertà di sentirsi un bambino.
Anche questa volta l’intento di Michele è quello di comunicare un messaggio importante: la moda dovrebbe rendere le persone in grado di esprimere se stesse al meglio, dar loro i mezzi per dar voce ai più disparati aspetti della loro personalità.
Invece oggi l’industria della moda, coadiuvata dai social e dai vari influencer, ha finito con l’ingabbiare le persone all’interno di cliché ferrei, che finiscono con il catalogare la gente in base all’appartenenza sociale, al lavoro, alla razza, al sesso e ai follower.
Alessandro Michele celebra di nuovo LIBERTÀ ed ESPRESSIVITÀ.
Che almeno sulla sua passerella rimangono le
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