Il setting è quello in cui lavorano terapeuta e paziente, può farne parte anche la moda? C’è differenza tra lettino dello psicologo e catwalk? Dove non ci sono parole, cosa può sostituirle? TI HO INCURIOSIT*? CONTINUA A LEGGERE??
IL SETTING TERAPEUTICO
In psicoterapia il setting (dall’inglese sfondo, messa in scena) è il contesto in cui si sviluppa la relazione terapeutica. Esso è costituito da elementi astratti, come la personalità del* paziente e del*terapeuta, il suo modello di riferimento, le regole esplicite ed implicite, e da elementi concreti come la stanza, le sedie, eventuali altri oggetti. Tutto ciò che delimita e dà forma alla terapia entra a far parte del Setting. Sono importanti anche l’arredamento (quadri, illuminazione, tappezzeria, libri presenti nella stanza), l’orario e la durata dell’incontro.
Il setting terapeutico è un luogo speciale creato da due attori: il/la paziente e il/la terapeuta. Quello che viene detto o fatto al suo interno assume un significato specifico proprio in relazione al luogo e al tipo di relazione. È come se fosse un luogo con un tempo e uno spazio avulsi rispetto al mondo circostante.
Al di fuori del setting le stesse parole e gli stessi gesti condivisi con persone diverse assumono un senso completamente diverso.
È anche questo il motivo per cui si raccomanda sempre a* pazienti di tenere per sé i contenuti delle sedute, per preservarli dalle possibili distorsioni esterne e conservarne la funzione terapeutica.
Una volta usciti dal setting i/le pazienti continuano ad elaborare quanto è stato detto/fatto. E fuori, lo fanno un po’ a modo loro: rielaborano i contenuti della seduta in base alle loro esperienze personali, alle battute scambiate con conoscenti/amici, ai sogni, etc.
SFILATA COME SETTING
La sfilata è assimilabile al setting terapeutico, ne è il contesto. Ci sono gli elementi astratti, come la personalità del* stilista, le sue ispirazioni, il suo stile, la sua storia, i messaggi che vuole inviare. E ci sono gli elementi concreti: le/i modell*, il luogo dove si svolge la sfilata, la passerella, gli allestimenti, le luci, l’orario e la durata.
Gli attori principali sono l* stilista e le sue creazioni. Gli abiti, i look assumono un senso che ha valore solo lì, in quel preciso luogo, in quei 10 minuti di show. Possono parlare di decadenza, rinascita, resurrezione, vita, gioco, amore, passione, lutto…
ABITI AL NOSTRO SERVIZIO
Una volta fuori dal setting-catwalk quelle stesse creazioni si svincolano dai significati primordiali e si prestano ad una rielaborazione. In quel momento arriviamo noi.
Con le nostre storie, i nostri significati, i nostri messaggi, il nostro progetto indentitario.
I look di Antonio Marras della collezione Spring 2022 sono pregni di significati in relazione al luogo e al momento della sfilata: denuncia, amarezza, morte, vita, lutto, rinascita, unione, resilienza.
Se indossassi lo stesso look l’anno prossimo in una bella giornata di primavera qui a Milano, serena e con la percezione che tutto stia andando bene nella mia vita, con pandemia e restrizioni ormai lontani ricordi, sul mio corpo e con la mia gestualità, lo stesso outfit assumerebbe accezioni totalmente differenti.
ABITI E CONTENUTO PSICOLOGICO
Al pari delle parole, in base alla persona che se ne serve, gli stessi abiti comunicano significati personali e contenuti psicologici unici.
I vestiti che scegliamo di indossare hanno senso in funzione della relazione che hanno con il nostro corpo e la nostra identità…ecco perché il legame con essi è così importante.
E allo stesso tempo, forse, così incomprensibile a chi ci osserva dall’esterno.
Esattamente come la relazione tra paziente e terapeuta nel loro setting.
Devo ringraziare una ragazza che mi segue per avermi dato l’ispirazione per questo articolo che, personalmente, amo in modo particolare.
FATEMI SAPERE COSA NE PENSATE?
E RICORDA
LIVE THE LIFE YOU WANT TO LIVE
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