Come cambi il tuo abbigliamento quando vai in viaggio? Ci sono delle differenze importanti rispetto a quello che usi nel tuo ambiente familiare? Ti sei mai chiestæ il perché? Ne parliamo in questo articolo??
Ho in mente di scrivere questo articolo da tempo, ma riesco a piazzarmi con le dita sulla tastiera solo oggi. Con la valigia sul letto che attende di essere riempita con i nuovi outfit che intendo sfoggiare durante il viaggio di questo fine settimana.
Non si tratta di un articolo scientifico in cui verranno citate ricerche ed esperimenti; parte tutto da una riflessione personale che si è arricchita grazie ai contributi della mia community su Instagram.
DALL’INIZIO
Andiamo all’inizio: ci sono io che osservo il mio modo di preparare la valigia prima della partenza per Los Angeles, ben 3 anni fa (si è da 3 anni che penso a questo articolo?pensate quante montagne russe mentali mi faccio!).
Mi aspettava un viaggio lungo un mese e per l’occasione decisi di comprare abiti nuovi e portarne con me alcuni mai indossati prima in Italia, che giacevano nell’armadio in attesa del “momento giusto”.
E perché un posto dove nessuno mi conosce, un luogo che per me è una novità dovrebbe essere quello “giusto” in cui mostrare nuove parti di me? O parti di me che ci sono sempre state ma che dove vivo non ho mai mostrato? Perché mi sento più sicura ad esporre alcune parti di me in luoghi nuovi dove non conosco nessuno e non dove vivo e dove conosco la gente?
Mi chiedevo se anche altræ avessero notato cambiamenti stilistici in viaggio così nel Pretty Psycho Box del lunedì su Instagram (@anastasia_lapsicologadellamoda) ho posto la domanda
“come cambia il tuo modo di vestire quando viaggi?”
“Porto con me i capi più belli che honel guardaroba”
“Il mio abbigliamento migliora e mi consento di osare”
“Migliora perché non sento lo sguardo giudicante degli altri”
“È più libero; mi concedo di usare molti più colori e fantasie”
“Seleziono gli abiti più belli in vista delle foto da scattare”
“Compro vestiti nuovi: posto nuovo, abbigliamento nuovo”
“Non porto i vestiti migliori per il terrore di perdere la valigia”
Credo che la tendenza comune sia quella di conservare nell’armadio e quindi preservare le parti più belle di noi e mostrarle quando sappiamo che non possono essere attaccate e distrutte dall’esterno.
Quando cambiamo luogo, non conoscendo la gente che vi abiti, il loro modo di pensare, abbiamo la percezione dell’assenza di giudizio.
Mentre i pregiudizi, le critiche cui siamo abituatæ restano a casa, come gli abiti che decidiamo di non portare con noi.
VIAGGIO E TERAPIA
Quando si svolge una psicoterapia o un lavoro di sostegno psicologico, di solito le sedute cominciano con il paziente che porta “qualcosa” in analisi. Questo qualcosa può essere un sogno, un pensiero, una riflessione, un fatto accaduto, una emozione, un sentimento. Ne parla e lo elabora in un setting protetto, dove c’è una persona che lo ascolta, non lo giudica e dove può esprimersi in totale sicurezza.
Nel quotidiano difficilmente esponiamo agli altri i nostri pensieri più intimi, i nostri sogni; in apparenza non diamo loro volontariamente niente che potrebbero attaccare o giudicare.
Tranne l’abbigliamento. Che è una parte imprescindibile della nostra immagine e fondamentale nelle relazioni umane. Non possiamo uscire, andare a scuola/uni/lavoro senza abiti, no?!
Quegli abiti però parlano di noi, delle nostre parti più intime, raccontano pezzi della nostra storia, del nostro modo di vedere il mondo: ogni giorno, nel momento in cui scegliamo cosa mettere e usciamo, esibiamo all’esterno qualcosa e, involontariamente, lo mettiamo a disposizione del giudizio altrui.
Le critiche, giudizi e pregiudizi, le battute sul nostro modo di vestire a volte fanno così male, perché vanno a colpirci nel nostro Io più nascosto; quello che di solito riusciamo a proteggere controllando e scegliendo bene le parole e i gesti da utilizzare.
Sempre per questo spesso nei posti in cui viviamo, conoscendone la mentalità e i punti di vista delle persone a noi vicine, tendiamo a rinunciare al modo in cui vorremmo vestire, quindi di essere.
Ci limitiamo, ci moderiamo, modifichiamo il “come vorremmo vestire” in forza del “come dobbiamo vestirci”.
Tante volte finiamo per arrenderci alle critiche ed essere come gli altri ci vorrebbero, pur di non subire più attacchi.
Se vogliamo, possiamo anche considerarlo un meccanismo di difesa: nascondiamo agli altri le parti di noi che vogliamo conservare e che non vogliamo vengano distrutte dalle loro parole, dai loro sguardi.
LA MODA IN VIAGGIO
Cosa succede quando partiamo?
Andare in viaggio, cambiare ambiente, vivere altre persone è per noi come la tabula rosa nello studio dellæ psicoterapeuta.
In questo nuovo luogo, finalmente, possiamo mostrarci, portar fuori quello che nell’ambiente familiare cerchiamo di nascondere e reprimere; le parti di noi più intime, quelle belle che desideriamo proteggere a tutti i costi. Anche qui, possiamo esprimere noi stessæ in sicurezza.
Ci sentiamo liberæ di osare, di sperimentare, di esporci.
Portare con noi gli abiti più belli, che non abbiamo mai indossato o che indossiamo in occasioni particolari, equivale a portare le parti di noi che consideriamo migliori e che non vogliamo che vengano attaccate e/o rovinate.Avete presente quando diciamo “questo a cena con le amiche non lo metto perché già so i commenti che faranno…metto le solite cose almeno hanno già avuto modo di criticarli!”
Compriamo abiti nuovi appositamente in vista del viaggio per questo: per quel “nuovo” che nel luogo nuovo può essere liberato. Da qui anche la sensazione di maggiore libertà!
Prestate maxima attenzione ai vestiti che avete voglia di mettere in valigia: il viaggio comincia da lì!